La storia del rito funebre

Fin da tempi remoti, l’uomo ha sempre avuto la necessità di celebrare i riti funebri omaggiando la propria permanenza sul pianeta terra. Testimonianza diretta è all’interno delle grotte dello Shanidar, in Iraq, dove sono stati addirittura scoperti scheletri di Neanderthal con sopra un particolare strato di polline: questa scoperta ha suggerito che proprio in quel periodo, i morti potessero essere onorati attraverso una sepoltura cerimoniale, di cui il presunto ormeggio è legato a figure fitomorfe e al mondo della natura. Queste potrebbero rappresentare un arcaico simbolo, un assunto che già allora si credesse in un aldilà e che, in ogni caso, uomini e donne fossero ben consapevoli della propria mortalità e, al contempo, capaci di esprimere un lutto.

Significati del rito funebre

Il rito funebre, per la stragrande maggioranza delle culture, si esegue generalmente alla presenza di una molteplicità di individui e spesso è rappresentato da un’autorità di riferimento sociale (in questa includendosi ovviamente i ministri del culto), politico o etico. La cerimonia, non sempre considerata religiosa, si aggrega spesso ad alcune funzioni sociali, che non sono tuttavia riscontrabili sempre ed in egual misura nei vari gruppi etnici e culturali. Il rito, all’interno di questa panoramica, può avere diversi significati:

  • indica l’ufficializzazione alla comunità della dipartita;
  • sottolinea il richiamo a specifiche concettualità etiche o religiose della comunità di appartenenza;
  • il giudizio sul defunto;
  • l’espressione di solidarietà alla famiglia.

L’uscita dalla collettività

Nella misura in cui invece si parla di cessazione della permanenza all’interno della collettività  sociale del defunto, coloro che sopravvivono assistendo al rito “prendono pubblicamente atto” del passaggio, con il quale possono peraltro avere corso (in realtà iniziano subito dopo la morte) tutti gli effetti civili della passaggio.

Estremamente immediata, sul punto della nozione, sembra essere la somiglianza con altre cerimonie di pubblica “notificata” alla collettività, come il matrimonio che certifica la nascita di un nuovo nucleo familiare. Studi isolati hanno peraltro intravisto un’analogia fra la presenza del pubblico ai funerali e quella dei testimoni ad un matrimonio: in entrambe le circostanze si richiede una sorta di  “presidio accertativo”, attraverso cui la comunità possa accettare l’evento come avvenuto, dato che alcuni suoi membri vi hanno assistito, ed a causa di ciò.

Un’altra somiglianza minore talvolta riscontrata è che la partecipazione al rito viene vissuta dagli altri da un lato come dovere sociale e, dall’altro come dovere personale verso gli sposi o il defunto, in base dell’intensità del rapporto che li lega/legava. Alla luce di quanto illustrato, clicca qui per entrare in contatto con dei professionisti della ritualità: Cattolica San Lorenzo sa risolvere tutto l’inter burocratico legato alla perdita, senza scollarsi dai valori morali e umani che interessa il doloroso momento della morte.

Lascia un commento